Risveglio


Sono per mare.
In realtà dovrebbe essere una gran notizia, vista la mia lunga permanenza sulla terraferma, invece al momento mi pare un fatto normalissimo. Un forte vento soffia dall'alto verso il basso, noi gente di mare lo chiamiamo il Pesante, infatti mi sento addosso il doppio del mio peso; eppure, davanti a me, una strana palla di terra si libra a mezz'aria e, poco dopo, prende a ondeggiare e vibrare sempre più forte, cambiando colore - grigio, marrone, poi verde - ed emanando un leggero ronzio che cresce e cresce finché non diventa un boato assordante.
Sullo strano oggetto sta germogliando qualcosa di enorme e tentacolare; la palla vibra e ronza così forte da sembrare sul punto di esplodere e, proprio al culmine del baccano, mi sveglio.
Sono lungo disteso su una foglia di un'enorme aloe cresciuta sull'orlo di uno strapiombo a picco sul mare mentre tutt'attorno cade silenziosamente la tiepida neve dei tropici. Resto fermo, come paralizzato, un po' per il sonno, un po' per la paura di cadere giù per la scogliera, un po' perché sono confuso e spaesato dal fatto di non aver la più pallida idea di come io sia finito qui. Mi accorgo di avere qualcosa in mano, così apro il pugno e vedo che è un bigliettino stropicciato ma di una carta pregiata, con sopra scritta in modo elegante una specie di "K", finemente decorata con riccioli e foglioline, il tutto con un inchiostro verdognolo.
"Devo aver battuto la testa e avrò perso i sensi..." dico tra me e me, incapace di spiegare in altro modo la strana situazione, "...o magari mi hanno malmenato".
Dò ancora un'occhiata al foglietto e ho come la sensazione di aver già visto quel monogramma, ma non riesco a ricordare altro, anzi, più ci penso più mi colpiscono acute fitte alle tempie, così smetto di pensare e inizio a scivolare lentamente verso la base dell'ampia foglia sulla quale sono coricato.
Quando i miei piedi toccano terra, mi accorgo che le gambe non mi reggono come dovrebbero.
"Stai appennicato da nove mesi, frate!" Dice una vocina acuta proveniente dal basso. "Nove mesi spaccati!"
Guardo in giù e vedo una strana creaturina simile ad uno gnomo da giardino vestito da teppista di montagna che rosicchia un grosso candito e parla con la bocca piena.
"N'era manco primavera quando hai snobbato la cava e sei flippato sulla mia aloe."
"Ma come parli?" Gli chiedo, infastidito.
Ma lo gnomo mi ignora e continua il discorso: "Ieri era il 20 dicembre e fisso che appena rientro i miei mi corcano, il 20 marzo li avevo sciallati che avremmo sbaghinato una mega aloe, così potevamo smettere di farci di canditi... Ma non ti scrostavi così ho aspato un tot."
Vi giuro che capivo una parola ogni tre, così ho annuito e ho fatto per allontanarmi facendo finta di niente.
"Dove te la piotti, zio?" Mi urla dietro lo strano gnomo, "Lo so che cerchi sto coso".
Mi volto, più per istinto che per vera curiosità, e vedo che tra le mani, in mezzo a manciate di canditi, ha il mio vecchio navigatore, il mio vecchio cuore di ferraglia.

[continua...]

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